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VILLA GUALDO (Sede Municipale)

Se è vero quanto ipotizza il Maccà al riguardo del nostro paese e del suo nome, dovrebbe essere un paese di delizia. Montegalda fu chiamata in antico: Mons Gaudii, Monte da godere e d'allegrezza, e di questo ci rimangono notizie storiche e antiche dimore di personaggi illustri che qui amarono risiedere.
Insieme vedremo sfilare la loro storia attraverso Ville, Castelli, Chiese e Oratori. Mi è sembrato giusto cominciare dalla nostra sede Municipale, che speriamo presto riprenda lo splendore di un tempo.
L'attuale Municipio, o "Villa Gualdo", viene considerata fra le più modeste architetture del Seicento Vicentino, però è l'espressione di un dilettante e uomo di chiesa che, a parer mio, volle dare un aria palladiana a questa villa. Fu il conte Giuseppe Gualdo che intervenne sulla struttura cinquecentesca già esistente e nel 1637 ne ridisegnò l'aspetto. All'interno il portico e il suo innesto con l'atrio della strada rivelano una articolazione spaziale degna di interesse con le otto colonne a perimetro. Le due ali a portico (Barchesse) erano adibite una a foresteria e l'altra a scuderia per otto cavalli e altre rimesse. La facciata è rivolta verso il Bacchiglione; vi si notava prima dell'attuale tinteggiatura una sbiadita meridiana posta sul lato destro fra due finestre.
Nell'attuale piazza c'era un giardino circondato da mura con molti abeti e molte statue che lo ornavano. Nell'atrio di Villa Gualdo si trova un bellissimo lavabo in pietra del '500. La Villa fu anche proprietà Valmarana nonché Vedramin-Calergi.

Nella chiesetta eretta dai Conti Valmarana nel 1832, ora Monumento ai Caduti, è conservato un quadro raffigurante "L'invenzione della Santa Croce", opera del Busato. Ma ritorniamo a chi ne ridisegnò l'architettura: Giuseppe Gualdo, Dottore in ambo le leggi ed Arciprete di Montegalda. Risulta che questo signore morì a 46 anni nel 1640; era figlio di Margherita di Brogliano e del Giureconsulto Emilio Gualdo, uomo di alto sapere e rinomanza. Come ho sopra citato, questa Villa passò ad altre famiglie non meno importanti del Vicentino. lo personalmente ricordo un vecchio pozzo di linea barocca posto vicino alla Chiesetta dei Caduti, forse l'unico pozzo di acqua potabile di Montegalda, ora ahimè scomparso. Ricordo pure la lunga e circolare fila di tigli in entrambe le piazze.
Notizie tratte da: "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani, dal Maccà e dal Cevese.

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CASTELLO GRIMANI-MARCELLO-SORLINI

Volendo parlare del Castello che in molti conosciamo, mi sono resa conto che da sempre abbiamo sotto gli occhi il Castello Grimani-Marcello-Sorlini, ma poco sappiamo del precedente, anzi credo che molti ignorino l'esistenza di un Castello più antico. Quindi prima di parlarvi delle bellezze dell'attuale castello di Montegalda vi darò qualche notizia sull'ubicazione e l'epoca del precedente.
A Montegalda un Castello c'è, c'è sempre stato, almeno prima del Mille e se ha ragione il Feriani ciò sarebbe databile dal 968, non però ubicato dove esiste l'attuale Maniero, bensì sul Monte Buso che rimane di fronte al Palazzo Municipale. Sempre citando il Feriani, era stato nel 1910, l'allora proprietario Alessandro Miotto che, dovendo eseguire dei lavori di sterramento scopri del materiale da costruzione assai vecchio e lo stesso roccolo risulta costruito con materiale già datato.
Ora, occupiamoci dell'attuale Castello.
Dice il Maccà che nel 1177 i vicentini fabbricarono il Castello che divenne proprietà di Ottone di Montegalda, poi ebbe altri passaggi di proprietà. Era una rocca con grandi fossati e alte mura, insomma era un Maniero. Conobbe la pace quando la Serenissima lo acquistò e lo donò nel 1455 a Chierighino Chierigato.
Ma ci furono ancora giorni drammatici per questo Castello allorché fu occupato dagli Spagnoli nel 1514 durante la triste lotta condotta contro Venezia dalla Lega di Cambray.

Nel 1555 diventò proprietà dei Cantarini e cominciò la sua trasformazione che terminò solo nel 1658 quando divenne proprietà Donà. Ormai dimora di pacifici patrizi, subì delle modifiche per assecondare le loro esigenze di vita ed è presumibile che i primi interventi si siano avuti nel secondo Seicento, e quelli di radicale trasformazione dal 1750 al 1770. Non poteva mancare inoltre il tocco neogotico che ha fruttato la grande sala delle armi, ora non più esistente. Certe sagome di finestre farebbero pensare anche a modifiche operate nel Cinquecento e quindi riconducibili al periodo del Chierigato. Un ampio fossato privo però di acqua, corre tutto intorno alle mura e vi è ancora la Torre munita di ponte levatoio, uno dei pochi ancora in funzione. Come già detto è raro trovare un ponte Ievatoio funzionante e a me ha fatto sempre una certa impressione vederlo calare. Sulla terra campeggia lo stemma degli Scaligeri.
Nel Seicento l'intero edificio è stato ricoperto di intonaco e questo suo aspetto chiaro dà un tono assai curioso all'insieme.
Se le merlature e le torri parlano di guerra, l'interno con le sue stanze e le sale giuochi, da musica, da the, ecc. dipinte e decorate elegantemente con grottesche, nature morte e cineserie. Tali affreschi sono opera di Andrea Urbani e ci parlano di una vita serena che fluisce lentamente, non presaga dei sovvertimenti che avverranno sull'orizzonte politico di Venezia.

Nella piccola Cappella ricordo una singolare pala d'altare realizzata da un pittore bizantino del XIII secolo, essa presenta figure lignee su fondo musivo (a mosaico).
Giova anche ricordare che tra le guerre che si fecero Vicentini e Padovani fu tenuto prigioniero niente meno che Ezzelino da Romano, personaggio per quell'epoca assai importante. Egli conquistò Montegalda, mise a ferro e fuoco il Castello prima che divenisse quella pacifica dimora di cui vi ho parlato.
Alla fine dei Seicento si decise la creazione del giardino all'italiana con aiuole perfettamente misurate e simmetriche, come i versi di un poeta petrarchesco, abbellito da statue poste nel cortile, opera di Orazio Marinali e della sua bottega; fra queste spiccano per elegante fattura "Giunone" e per potenza di modellato il Gruppo di "Ercole e Licia". Per accedere al giardino si deve oltrepassare un mirabile cancello in ferro battuto e scendere una scala che volutamente insiste su un effetto scenografico diminuendo di larghezza verso l'alto. Sembra sia frutto dell'architetto Antonio Gaspari che certamente si ispirò alla Scala Regia del Bernini in Vaticano. Il Castello era ed è dotato di una bella limonaia. Quei limoni rappresentavano il simbolo della pace. Chi lo penserebbe mai oggi? Nell'Ottocento quando il Castello divenne proprietà Grimani, il giardino rischiò di essere soppiantato da un giardino romantico, come avrebbe voluto l'Ing. Selvatico.
Come non ricordare la Piazzetta di Bacco, ovvero l'accesso alla cantina dal Castello? Un tempo si diceva che attraverso il percorso della cantina si potesse passare in una galleria che congiungeva questo Castello a quello di S.Martino.
Per concludere lascio la parola a Giovanni Scoto che già nel Seicento lo descriveva così: "Passato il Ponte sul Bacchiglione e tirando verso Padova per qualche miglio, scoprirai il Castello di Montegalda già frontiera importante contro gli inimici, hora per beneficio di questa pace aurea, divenuto per poco il castello di Alcina, poiché le conserve delle munitioni trovonsi applicate a conservar l'acqua per far fontane artificiali, e i fossi, piantati a uso di spalliere di cedri e d'aranci, mandano la soavità dei fiori fin dentro alle stanze".
Notizie tratte da: "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani, dal Maccà, dal Cevese e da altri testi.

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VILLA FOGAZZARO-ROI-COLBACHINI

Nata come residenza estiva di campagna della famiglia Chiericati, la villa passò ai Caldogno, poi al Fogazzaro (nonno dello scrittore), quindi ereditata dai Roi e ora appartiene a Colbachini.
In tutti questi passaggi subì delle modifiche, soprattutto quando venne in mano ad Antonio Fogazzaro che la fece ampliare su disegno del Caregaro Negrin nel 1846. Furono conservati solo i muri portanti creando un edificio neo-rinascimentale venendo a giocare sul corpo centrale con un dislivello di piani. Detto edificio ha contaminazioni formali, convince di più la parte che dà sul laghetto.

Quest'ultimo è attraversato da due ponticelli molto romantici, è alimentato dal rio Paonsea che proviene dal Montelungo e dal Montecroce ed ha lo stesso emissario sotto la strada provinciale per raggiungere poi la chiavica che dà nel Bacchiglione.
Ritorniamo alla villa: assai belle sono le due cornucopie del frontone e il muro che cinge la proprietà con uno scherzo a festone ornato da pigne di pietra come pure gli eleganti cancelli della villa in ferro battuto. E come dimenticare le barchesse e l'abitazione del fattore e lo splendido parco all'inglese voluto da Don Giuseppe Fogazzaro, come il parco romantico con finti ruderi?
Ed ora tocca al Monte e alla Specola per i quali occorre fare un bel salto all'indietro, a quando queste terre non esistevano perché erano una palude. La consistenza geologica dei colli di Montegalda, secondo gli esperti citati dal Maccà, dicono che sono in parte di natura marina e in parte eruttiva, per cui nei vari strati si possono trovare conchiglie, coralli, stelle marine, vene di ferro, eccetera. Del resto lo stesso Feriani nei suoi cenni storici riporta quanto Meneghin Giuseppe scriveva nel 1800: "ho ragione di credere che le colline di Montegalda siano più antiche dei Berici. Ho visto in Montegalda un masso di pietra calcarea che è stato lavorato dalle acque marine e non sia monte di primaria creazione ma un assieme come altri frantumi di corpi marini ritrovati nelle profonde viscere dei massi". Ai giorni nostri mi è stato detto che è stata ritrovata sul monte Roccolo, alle spalle della Specola, la parte ossea di un cetaceo, forse un delfino. Il monte conserva una flora erbacea particolare e ciò vale anche per la parte arborea. È pieno di grotte e di antri da cui sono stati tolti alcuni fossili.

Probabilmente Antonio Fogazzaro, nonno dello scrittore, quando acquistò la villa e le terre non immaginava di avere un così ricco patrimonio di storia pietrificata. La vegetazione aveva coperto e reso verdeggiante il colle del Roccolo, ma fu una grande fortuna; Don Giuseppe si prese l'incarico di abbellire il giardino e lungimirante ne tenne una parte allo stato pressocché selvatico. Ebbe poi il desiderio di far costruire un osservatorio ai piedi del monte e, poiché era un amante del bello, lo fece in cotto e con merlature: è l'attuale Specola che è munita di torretta con terrazzino che dà sul monte che evidentemente Don Giuseppe amava. Altra sua funzione era quella di una casa di caccia; il cotto è sparito lasciando il posto a un colore rosso arancio (rosso veneziano).
A Montegalda nei tempi passati la fauna era ricca. Sempre dal Maccà si apprende che vi erano daini, caprioli, pernici e fagiani rossi, questo giustificava la casa di caccia ottocentesca e i vari roccoli per cacciare. Di fronte alla villa c'è la fattoria col portico ad archi, da qui gli accessi ai campi che si notano solo parzialmente dalla strada provinciale mentre solitario spicca nel cielo un cucuzzolo con due pini e la cosa si nota perché inconsueta nel paesaggio montegaldese. Lì la leggenda vuole che lo scrittore poeta Antonio Fogazzaro si ritirasse a scrivere le proprie opere e a ricordare ciò vi è una lapide. Spero che tutto ciò che vi ho narrato sia motivo di visita o perlomeno induca a guardare con più attenzione ciò che ci circonda.
Notizie tratte da: Enciclopedia U.T.E.T. Enciclopedia delle Regioni - "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani.
Approfondimento: brani tratti da Piccolo Mondo Moderno di Fogazzaro in cui si parla di questa villa ...

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CHIESA DI SAN MARCO

La chiesa di San Marco, fino a pochi anni fa proprietà del marchese Roi, un tempo fu delle famiglie Manelmi, poi Chiericati, Caldogno quindi Fogazzaro, Roi, Faceva corpo unico con la Villa e le terre ora passate ad altro proprietario. Posta su una breve altura chiamata anche Monte Merlino, la Chiesa offre uno spiazzo da cui si può vedere un bel panorama, ma ora inoltriamoci in essa. Teniamo conto che risale al periodo gotico e questo ce lo stanno ad indicare le capriate lignee del soffitto scoperte nel primo settore dell'aula nonché la porticina d'ingresso al lungo corridoio che porta alla Sacrestia. San Marco dovrebbe risalire agli inizi del secolo quindicesimo, pare però che subito dopo la sua costruzione abbia avuto bisogno di restauro e cioè nel 1464. Più tardi venne rifatta la facciata quando alla fine del Seicento o inizi del Settecento si pensò bene di abbattere la prima abside probabilmente poligonale sostituendola con l'attuale presbiterio forse reso più profondo dallo spazio retrostante l'Altar Maggiore. Murata attorno all'attuale abside c'è una fastosa cornice marmorea, entro cui sta un dipinto datato 1607 e firmato da Alessandro Maganza, opera eccellente di un infaticabile pittore. Il vano della Chiesa si allarga a destra nella Cappella costruita nel 1701 la quale è occupata nella parete di fondo da un grande altare che il Barbarano e il Maccà dicono eseguito nel 1629, esso è espressivo dei modi degli Albanese. La pala che contiene è di eccezionale interesse in quanto prova la presenza del Maffei nella bottega del Maganza, sono raffigurati San Francesco, Sant'Antonio, San Carlo e Santa Scolastica, con Cristo sulle nubi e sei teste di Cherubini che gli fanno corona e due Angeli dalle lunghe ali variopinte che reggono oggetti allusivi ai Santi.
Il campanile, a fianco della Chiesa, ricorda l'origine gotica del complesso. La struttura abitativa originariamente era un piccolo convento di fraticelli francescani, che presenta alcuni locali con i soffitti a botte, altri a spicchi su capitelli pensili. Io ricordo che quando venni a Montegalda, vi era ancora un sacerdote alle dipendenze della famiglia Roi.
Dietro alla Chiesa c'è un curioso pozzo, uso questo termine perché coperto di un tettuccio e vi si accede tramite un ponticello.
Notizie tratte da: "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani, dal Maccà e dal Cevese.

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VILLA LIOY

Pare che anche lo scrittore Paolo Lioy abbia soggiornato e trascorso brevi periodi a Montegalda. Naturalista e scienziato, effettuò delle ricerche geologiche sui Colli Berici e più precisamente nella zona di Lumignano. Ciò avvenne nel 1860, dopo l'unificazione del Regno d'Italia e a seguito delle scoperte che si andavano effettuando nei Lagni lombardi e d'oltralpe; il già citato Paolo Lioy effettuò ulteriori ricerche nella zona del Lago di Fimon e più precisamente in località Pascolone. Al Lioy va riconosciuto il grande merito di aver iniziato una ricerca tutt'altro che conclusa a circa cent'anni dai suoi inizi, sebbene le attribuzioni culturali e cronologiche di questo ricercatore non possono più essere accolte dalla scienza paleontologica attuale. Fu anche divulgatore di scienze, pubblicò molte opere, ne cito alcune: In montagna - Sui Laghi - Escursioni notturne - Conferenze scientifiche - In alto - Piccolo mondo ignoto - Storia naturale - In campagna - ed altre ancora. Fu scrittore prettamente vicentino, Deputato e Senatore nato e vissuto nell'ambito di Vicenza e Provincia.
Ma ora occupiamoci di Villa Lioy che richiama per la sua forma una casa di stile svizzero mentre è di colore rosso arancio (rosso veneziano) con rifiniture bianche, poggia sul cocuzzolo di uno dei tanti colli di Montegalda. Fu edificata per ordine del conte Barbaro nel 1865 su disegno dell'architetto Boito di Padova. C'è chi asserisce che sia il padre del Musicista Arrigo Boito e chi il fratello Camillo, presidente dell'Accademia dì Belle Arti di Milano. A disegnare il Parco-giardino, ricco di piante singolari come l'abete strisciante, proprio davanti alla Villa, ed altre piante esotiche, fu l'ing. Selvatico di Venezia padre del Poeta Riccardo Selvatico.
Dal Barbaro passò alla Contessa Maria sorella di Alberto Mario, garibaldino e patriota insigne, quindi passò al Cantele di Padova e poi ai nobili Lioy di Vicenza.
Nella Villa un tempo vi erano dei quadri di Francesco Maffei, di Giulio Carpioni ed altri paesaggisti, insomma questa Villa sembra racchiudere l'essenza di Poeti, scrittori, musicisti e patrioti, sembra che quasi tutto abbia coinciso per darle lustro. Fu anche ritrovo del Fogazzaro, del Senatore Felice Lampertico ed altri uomini di cultura.
Dalla Villa si gode di un'ottima vista ed un bel panorama oltre il Bacchiglione e nelle sere più serene e limpide si possono vedere i lontani profili dell'Appennino modenese. Questa Villa, divenuta proprietà Longato, mutò l'accesso che un tempo era quello dell'attuale casa Marafon; ora ha cambiato nuovamente proprietario, ma per i montegaldesi rimane sempre Villa Lioy.
Notizie tratte da: Enciclopedie UTET e Treccani, dal Nuovissimo Melzi, dalla "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani e dal Volume "I Colli Berici".

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VILLA SCROFFA-CANTON-CATTELAN

Colzé nacque in secoli lontani. Il documento più vecchio a cui ci si può riferire e nel quale trovare notizia del suddetto Paese è del 965. Codesta Villa (intesa come paese) ha tre importanti palazzi, una è casa Scroffa, l'altro è il palazzo Garzadori e il palazzon della Contessa Querini. Colzé così si chiama perché prende il nome dalla Famiglia le cui terre appartenevano e da cui Francesco Scroffa acquistò e costruì la Villa che vado ad illustrarvi.
Questa Villa, eretta nel 1672 su disegno di un architetto dilettante, rivela nel proprio cortile una lunghissima e interessante Barchessa con 16 colonne doriche e relativi intercolunni (spazi). Da questa Barchessa spunta la torre colombara che, se nell'Ottocento subì molte manomissioni, ora è fatiscente. Un tempo la Villa era arricchita da una cedraia.
Villa Scroffa aveva un tempo anche una Chiesetta o Cappellina non aperta al culto (come dice il Maccà) senza ufficiatura. Sempre dalla stessa fonte si viene a sapere che nel parapetto dell'Altare vi era un mezzo rilievo scolpito in pietra che rappresentava il "Miracolo della Mula inginocchiata davanti al S.S. Sacramento", poi vi erano altre figure. Alla parte dell'Epistola di detto Altare, dice il Maccà, nel muro laterale ammiravasi un quadro grande in pietra che rappresentava pure a mezzo rilievo un "Miracolo di S. Antonio ai cui piedi sta una persona morta e altre figure" eccellentemente scolpite. E sempre dalla stessa fonte sappiamo che erano di Orazio Marinali. Sopra l'Altare stava scolpita questa iscrizione: D.O.M. DIVOQUE ANTONIO DE PADUA CONF. DICATUM MDCLVII.
Per quanto riguarda la Villa l'architetto ebbe mano meno felice con la facciata visto il piccolo arco tra le intercolonne, mentre il frontoncino lascia pensare a qualcosa che voleva essere ma che non c'è.
Più interessante si rivela il lato che dà sulla strada dove le proporzioni sono più armoniose.
Notevoli sono le inferriate in ferro battuto nelle quattro finestre su strada. Sulla destra della facciata un piccolo corpo di fabbrica in apparenza aggiunto in tempo successivo, in realtà forse contemporaneo al corpo maggiore, ospita la scala articolata nel giro di tre rampe, bella per gli archi rampanti che assecondano il salire dei gradini, per la collocazione delle statue entro le nicchie, per quel tanto di scenografico che sembrerebbe riflettere un gusto già settecentesco.
Purtroppo molte cose sono scomparse, la Cappella di cui vi ho parlato venne abbattuta quando fu costruita l'attuale sede stradale che un tempo era dove sono gli argini, tanto è vero che in prossimità di questi si vedeva ancora un portale con cortile a forma di ferro di cavallo cintato da un muro recentemente abbattuto. Pure scomparse sono le statue della scalinata.
Dei vari passaggi di proprietà alcuni sono noti, per esempio Scroffa, Canton, Berton, Cattelan.
Notizie tratte da: "Storia di Montegalda" del Dott. Angelo Feriani, dal Maccà e dal Cevese.
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